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Cultura e partito: qualche modesta proposta  Maggio 2011   Torna alle categorie

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Cultura e partito: qualche modesta proposta

Cultura e partito: qualche modesta proposta

Nei primi mesi di vita del nostro partito, lo storico Luigi Cortesi propose la costruzione di una fondazione, una casa editrice, un progetto storico- culturale che elaborasse un profilo teorico complessivo di Rifondazione, le cui provenienze ed esperienze erano del tutto disomogenee.

In un bel convegno sul Socialismo di sinistra (Roma, autunno 1996), Armando Cossutta sostenne la necessità di una riflessione complessiva (non solo convegni) sulle specificità del socialismo italiano, sul PCI e le sue dinamiche interne, sulla nuova sinistra. Chiese anche che si desse vita ad una “critica da sinistra” a Togliatti e Berlinguer, in particolare sullo scacco delle due esperienze governativa (1944-’47) e dell’unità nazionale (1976- ’79), ambedue sconfitte (un’analisi più attenta comparve in due belle interviste a Rina Gagliardi sulla rivista “Rifondazione”).

La nostra difficilissima situazione attuale ci dice quanto lontani siamo da aspettative, speranze e progetti del decennio scorso, ma anche quanto alcuni temi non abbiano perso attualità, ma anzi debbano oggi ritrovarla.

Se oggi sono chiari limiti e ritardi di PCI e PSI nella lettura del centro- sinistra, del neocapitalismo, delle modificazioni strutturali avvenute negli anni ’50- ’60, dell’irrompere di cultura e forme di vita consumistiche, laiche, americanizzate, non sufficiente è l’analisi sull’implosione degli ultimi anni (scomparsa “autodistruttiva” del PCI, nostra insufficienza, oggettiva e soggettiva). La stessa storia di Rifondazione (partito e dintorni) è sconosciuta e mai è divenuta oggetto di studio e riflessione, come pure assente sembra la volontà di ricerca sullo stesso PCI (una interessante proposta di Lucio Magri su “Essere comunisti” non ha avuto risposte).

L’appello elettorale di Ingrao ha avuto numerose adesioni di intellettuali. Così pure quello (aprile 2008) che rilanciava l’unità delle formazioni comuniste. Perché non organizzare immediatamente un convegno che confronti tesi, ipotesi, letture?

Non è stata indifferente, nell’ultima campagna elettorale, la presenza di “credenti” (candidatura di La Valle, voto di don Gallo, Melandri, Franzoni…). E’ indispensabile, davanti alla progressiva involuzione della Chiesa cattolica, al ritorno di spinte integriste e fondamentaliste, rilanciare una laicità che si leghi alle migliori espressioni del radicalismo cristiano. Credo sia inutile citare, nelle differenze, Togliatti e Lelio Basso. Se è sepolta la stagione del “dialogo”, è più viva che mai la necessità di risposte comuni ai temi globali ed epocali.

L’Italia ha vissuto almeno due “stagioni delle riviste” (dopo il 1956 e intorno al 1968). Oggi il quadro è cambiato, non solo per le poche testate esistenti, ma per l’incapacità di dialogo e di confronto, una impermeabilità che impedisce dibattito ed approfondimento. Un nostro progetto di rilancio e di “vera rifondazione” può contenere un appello a quelle esistenti perché escano dal proprio “particulare” e cerchino strade comuni o almeno complementari?

Proprio l’incapacità di attuare una autentica e compiuta rifondazione è alla base del nostro scacco. Siamo rimasti e siamo tra Scilla e Cariddi: continuismo nostalgico (comprensibile, ma inefficace) o nuovismo, praticato a lungo e senza bussola, che ci ha privati di elementi basilari e ha depotenziato le nostre già fragili strutture. Un lavoro teorico non può essere slegato da pratica e riflessioni sociali, ma non può prescindere da alcuni nodi:

  •  se Marx ha analizzato la società capitalistico borghese e Lenin e Rosa Luxemburg il passaggio di questa alla fase imperialistica, oggi manca una riflessione compiuta sul capitalismo globalizzato e i suoi portati: guerra, rapporto nord/sud, emergenza ambientale, disintegrarsi- in molte aree geografiche- del peso della classe operaia, distruzione dello stato sociale, scomparsa dei partiti, trasformazione dei sindacati…
  •  la necessità di organizzazione e struttura (il partito) è ovvia, ma questo può esistere solo se rapportato all’autonomia delle contraddizioni e dei movimenti presenti nella società che presentano pluralità di tempi e modi di espressione.

In soldoni, un processo di ricomposizione delle forze comuniste nel nostro paese non può essere continuamente rinviato, ma deve essere basato su una agenda precisa di lavoro comune, di riflessione senza rete su nodi e sconfitte, su un rapporto che non si limiti alle forze politiche organizzate, ma guardi oltre. Anche in questo caso, gli appelli sopra ricordati dimostrano come l’esistenza di una formazione comunista debba trovare il senso critico della propria storia e dialettizzarsi con culture e pratiche critiche ed anticapitaliste.

Né setta nostalgica, né nuovismi confusi, subordinati e neoriformisti (abbiamo già dato!). I tempi sono, però, stretti. Iniziamo da subito, a livello centrale e nelle realtà locali.

Sergio Dalmasso

consigliere regionale Piemonte

 

Maggio 2011